Un interrogativo inopportuno
Di recente, su una nota pagina social per tecnici del suono Andrea, batterista, chiede:
Premesso di avere un PA perfettamente tarato per l’ambiente in cui si lavora, secondo voi un fonico che lavora prevalentemente in studio sarebbe in grado di gestire una situazione live?
In realtà è una bella domanda!
Occorre però fare una piccola premessa: Tarare il PA non dovrebbe essere compito del fonico, ma del PA man. Il fatto che spesso queste due figure convergono in un un’unica persona, apre la strada ad una considerazione “pratica”: quello che chiamiamo fonico live in genere svolge molti compiti collaterali.
Ho visto cose che voi umani…
Un fonico live spesso ha molte responsabilità che un fonico da studio non immagina nemmeno nei suoi peggiori incubi: posizionare i monitor, scaricare il camion o, la cosa peggiore: dare retta a quelli del video.
Scherzi a parte, tranne rari casi, il fonico live è una figura un po’ più operativa: lo dimostra il fatto che ha spesso una leathermann in tasca ed indossa le scarpe antinfortunistiche. Chi lavora in studio al massimo porta una touchpen e le sneakers.
Al contrario, un fonico da studio vive spesso una situazione che manderebbe al manicomio qualunque collega del live: risentire cento volte la stessa frase, finché non piace al musicista, al produttore o, peggio ancora: alla fidanzata del cantante.
Io credo quindi che non sia tanto una questione di tecnica: le console, i processori, le DAW con un po’ di impegno si imparano ad usare. E’ soprattutto una questione di approccio al lavoro.
Una considerazione tecnica
Poi c’è un’altra considerazione, un po’ più tecnica. In generale, le produzioni in studio richiedono il maggior volume possibile: la chiamano la loudness war. Dal vivo invece è richiesta soprattutto dinamica.
Un fonico da studio messo in FOH potrebbe non avere il sistema orecchio-cervello allenato a questo diverso modo di ascoltare. Quindi la sua mano potrebbe risultare un po’ pesante sui compressori. Naturalmente un il fonico live in cattività vivrà la situazione opposta.
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Mal comune, mezzo gaudio
Le due figure hanno però una cosa che le accomuna profondamente: troppo spesso devono fare da baby-sitter, o assistenti sociali, a musicisti poco educati allo studio o al palco, a seconda dei casi. Quest’aspetto è spesso sottovalutato: anche l’atteggiamento dei musicisti deve cambiare in funzione del luogo in cui suonano. ?
Puoi leggere il post originale qui: Adotta un fonico e dagli un lavoro vero
Mal comune mezzo Gaudio! Mi sento chiamato in causa:-)) Direi che sono due lavori molto differenti, si richiedono competenze traversali specifiche per ognuna delle due attività. Attitudine, preparazione ed esperienza, sono queste per me le chiavi per poter fare un lavoro professionalmente riconosciuto sia in studio che in live. Con questo mio umile intervento vado a concludere il live di stasera, perché domani mattina ho una sessione in studio:-))
Tutte parole sante ! Specialmente la considerazione tecnica ed il dettaglio sui compressori, ho visto più volte lavorare fonici da studio in situazioni live e si riconoscono immediatamente dai loro modo di lavorare tipo “pesce fuor d’acqua”. Stessa identica cosa vale al contrario. In certi casi sembrano proprio due lavori completamente differenti.