la formazione dei tecnici del suono - conoscere la musica

La formazione dei tecnici del suono: Conoscere la musica

Al FIM 2019 Piero Chianura modera il talk: La formazione dei tecnici del suono – conoscere la musica. Intervengono Alberto Pinto (CESMA), Timur Semprini e Stefano Pinzi (Accademia del Suono) e Simone Losito (Roba da Fonici). Presenta Jocelyn Hattab

Piero Chianura: Negli ultimi tempi si è riflettuto su quanto sia meglio conoscere le cose su cui si deve mettere le mani, oltre a sapere come metterci le mani.

Stefano Pinzi: Lavorare come fonico in molti casi significa lavorare con la musica e per la musica. Questo significa interfacciarsi con i musicisti, il loro linguaggio, i loro strumenti, ed avere rispetto delle loro necessità.

Jocelyn: Il fonico è un mestiere che amo molto, ho maneggiato parecchi mixer, ma adesso mi faccio quattro nemici [ride] Siete quattro ipocriti perché di solito in studio, quando uno canta, non mostrate nessuna emozione, nessuna espressione. Perchè fate questo? Perchè fate del male al vostro prossimo? [ride]

Stefano Pinzi: [ride] La domanda rende molto bene la difficoltà del mestiere. Se sei bravo, agli occhi del cliente riesci a far sparire tutti i problemi tecnici. Contemporaneamente però è difficile gestire anche l’aspetto umano, sia in studio, sia sul palco.

Piero Chianura: La formazione è il punto di partenza di ogni aspetto, anche di questo relativo all’atteggiamento. Certo, molto dipende dall’esperienza, ma in questo mestiere la formazione e l’esperienza sono strettamente legate.

Simone Losito: In tanti casi si dice che il fonico sia il musicista aggiunto della band, specialmente dal vivo. In Italia abbiamo alcuni ingegneri del suono che hanno un ruolo determinante nella realizzazione di uno spettacolo. Essendoci questo scambio, è necessario che nasca un rapporto di reciprocità fra il lavoro del fonico e quello del musicista. Un fonico che non ha alcuna competenza musicale, non può svolgere bene i propri compiti perché non sa come interfacciarsi al meglio con le persone con le quali lavora. Ed è vero anche il contrario: un artista che non ha idea di cosa faccia il fonico, può assumere atteggiamenti (dal punto di vista tecnico) che lo possono mettere in difficoltà.

Timùr Semprini: Sicuramente la preparazione in ambito musicale oggi è indispensabile. Anche perché non c’è più il filtro del produttore artistico che una volta faceva da tramite tra il musicista ed il tecnico. Per quel che riguarda l’empatia in studio, io ho sempre cercato di comunicare ai ragazzi l’importanza di cogliere la performance della vita, dimostrarsi dentro il progetto musicale. Per quanto riguarda la preparazione musicale invece ci sono due livelli di lettura: il primo riguarda la teoria della musica. Ad esempio, lavorando in studio con musicisti classici, se riesci ad associare la visualizzazione a schermo al pentagramma, hai una marcia in più.

In un ambito meno tecnico, invece entra in gioco il discorso importantissimo degli stili. Oggi sempre più spesso i musicisti si fanno accompagnare da un amico, anch’egli musicista, che ha iniziato a lavorare sul mixer. Si affida a me per la parte tecnica, ma può dare indicazioni precise sui canoni da seguire. Così, se diciamo Kind of Blue [disco del 1959 di Miles Davis entrato nella storia del jazz, essendo fra i più venduti di sempre ed uno dei primi esempi di jazz modale – n.d.r. ], sappiamo bene entrambi di cosa stiamo parlando. Per questo motivo, in Accademia, associamo la teoria della musica all’ear training.

Alberto Pinto: Credo che la cosa più importante in questo ambito sia la necessità di una vera cultura musicale allargata. Certamente è importante l’aspetto tecnico musicale: se il fonico è anche un musicista, ha sicuramente una marcia in più. Ma è necessario che non si tratti di una conoscenza settoriale. Più è ampio lo spettro di generi musicali conosciuti, più è facile interfacciarsi con la varietà di musicisti con cui si lavora.

Piero Chianura: Parliamo più in dettaglio delle vostre attività, di cosa vi occupate?

Alberto Pinto: CESMA forma tecnici del suono e dell’audiovisivo. Siamo nati all’interno di Audio Engineering Society, che è la nostra casa madre, un punto di riferimento istituzionale per la diffusione della cultura audio.

Timur Semprini: Accademia del Suono è attiva da 15 anni a Milano. Il nostro percorso prevede un primo anno comune, successivamente ci si può specializzare in ambito tecnico o di produzione, più creativo. Abbiamo impostato i nostri percorsi didattici facendo riferimento alle attività professionali: post-produzione, musica dal vivo, studio di registrazione, produzione musicale, L’80% dei nostri ragazzi a 8 mesi dal diploma è impiegato a tempo pieno nell’industria, la maggior parte in ambito live. Infatti qui in FIM gestiamo quattro postazioni con i tutor della scuola come tecnici e gli studenti come assistenti. E’ un bel modo di imparare.

Piero Chianura: si potrebbe dire “tanta roba”, ed arriviamo quindi a Roba da Fonici

Simone Losito: Roba da fonici è un blog. Il suo obbiettivo è fare da tramite tra tutto ciò che é tecnica del suono e le persone che vogliono avvicinarsi a questo fantastico mondo. Dedichiamo tantissimo spazio alla promozione di eventi di formazione. Un’altra sezione è dedicata al lavoro. Perché se è vero che ci sono strutture come Accademia del suono che in qualche modo agevola l’ingresso in questo particolare mondo del lavoro, per tanti altri ragazzi, lavorare nell’audio è quasi un miraggio. Noi ci prendiamo la briga di scandagliare il web alla ricerca di annunci interessanti. Ad esempio un teatro stabile che cerca un fonico residente, o una compagnia che ha bisogno di un fonico per un tour. Ma anche aziende strutturate che cercano esperti di audio. C’è anche una parte dedicata all’intrattenimento, in cui non ci sono informazioni tecniche ma contenuti per svagarsi con tematiche che sentiamo vicine.

Piero Chianura: Oggi gli aspiranti fonici accedono alle informazioni in forma alternativa, in particolare sul web. Quanto è difficile formarli? Ci sono molte cose da correggere?

Stefano Pinzi: Sicuramente in passato era molto frequente l’accesso al mondo della fonia dal mondo degli strumenti musicali, molto spesso con delle conoscenze tecniche quasi nulle. Oggi invece bisogna cercare di fare tabula rasa e ricominciare da zero, almeno per ristabilire un linguaggio comune.

Piero Chianura: Una curiosità, preferite usare terminologia inglese, o traducete scientificamente i concetti in italiano?

Stefano Pinzi: In linea di massima la nostra terminologia rimane in inglese.

Alberto Pinto: Da noi, in Svizzera, spesso incontriamo anche dei termini in francese e tedesco. Ma ufficialmente si usa la terminologia inglese.

Jocelyn: La strumentazione che si usa adesso è molto cambiata rispetto anche a poco tempo fa. Ad esempio il nostro fonico, anziché al mixer a centro sala, è al lato del palco con un tablet. Anche nell’insegnamento c’è stato questo upgrade?

Alberto Pinto: Per quanto ci riguarda, la formazione parte sempre dal flusso del segnale analogico. Poi è importante integrare tutta la parte moderna che riguarda le reti. Al giorno d’oggi il fonico deve essere anche quasi un tecnico informatico e saper configurare una rete.

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Pietro Chianura: Diverse cose sono cambiate in meglio, e sicuramente a comodità d’uso è molto maggiore, forse a scapito della qualità.

Alberto Pinto: E’ soprattutto la stabilità del sistema a soffrirne di più. Non si è ancora raggiunto uno standard universale, ce ne sono tanti e farli comunicare tra loro è ancora complicato, perché è una tecnologia molto recente

Timùr Semprini: Per come la vedo io, il live è cambiato poco. L’unica differenza è che ora possiamo controllare un mixer con un tablet. In studio invece i cambiamenti sono stati tanti ed importanti: sono arrivate delle possibilità che prima erano impensabili […]

Jocelyn: Infatti bastano due schermi, una tastiera ed il gioco è fatto […]

Timùr Semprini: Io vedo anche produttori che non usano nemmeno più il mixer, anche noi a scuola abbiamo introdotto le lavagne interattive […]

Jocelyn: E’ importante nella formazione conoscere anche la parte analogica?

Timùr Semprini: Penso di sì. Anche per noi la formazione inizia da un mixer analogico perché è più facile vedere e comprendere il flusso del segnale

Piero Chianura: Infatti la terminologia resta la stessa, quindi il riferimento è analogico

Timùr Semprini: Inoltre i sistemi digitali tendono a ricreare le modalità di utilizzo dell’analogico

Jocelyn: Il vantaggio è anche non avere una console come la Neve che consuma l’equivalente di una centrale elettrica, che una volta accesa non si può più spegnere, etc.

Timùr Semprini – Su questa cosa mi permetto di dissentire. In Accademia abbiamo una console SSL a 56 canali. È vero, consuma molto, la manutenzione è impegnativa, ma ha un suono inarrivabile. Anche se il digitale è più comodo, l’analogico è migliore dal punto di vista della qualità audio.

Simone Losito: Dal mio punto di vista, tutto ciò che è digitale oggi, è una fedele riproduzione delle tecnologie analogiche. Anche i famosi plugin incorporati nei software per registrare i dischi sono delle emulazioni dei processori analogici, magari valvolari. È impensabile mettersi al lavoro su un sistema moderno se non si conosce il funzionamento di un sistema tradizionale. La vera rivoluzione secondo me è la possibilità di vedere la musica sullo schermo. Oggi abbiamo questo strumento preziosissimo che vent’anni fa non esisteva.

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Piero Chianura: Dallo streaming arrivano due domande:

Voce fuori campo: potete darci un po’ di insegnamenti per un musicista? Come meglio microfonare una batteria?

Simone Losito: E’ una domanda quasi imbarazzante [ride]. Naturalmente dipende se è in studio o dal vivo, quanti pezzi ha, di che genere è la batteria […]

Jocelyn: Dev’essere un musicista che non ha tante possibilità o tanti microfoni a disposizione […]

Simone Losito: Non c’è uno standard: d’altronde esistono dei kit di microfoni per batteria per chi vuol cominciare ad impratichirsi e lavorarci sopra.

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Voce fuori campo: E’ stato aggiunto qualche elemento: situazione dal vivo, batteria jazz.

Stefano Pinzi: Prima di tutto è importante preoccuparsi che lo strumento suoni al meglio. Jazz vuol dire spesso rispettare il suono ed il timbro originario dello strumento, a differenza di quello che molto spesso si fa con altri generi musicali o in studio. In alcuni casi un buon posizionamento overhead con eventuale rinforzo alla grancassa può dare dei buoni risultati.

Piero Chianura: in sintesi non esiste una risposta immediata, ma bisogna fare un percorso di conoscenza […]

Stefano Pinzi: In accademia abbiamo previsto, a partire dal prossimo anno, dei corsi brevi dedicati ad argomenti specifici come la ripresa microfonica in studio o dal vivo. Si rivolgono agli appassionati, non necessariamente a persone che hanno l’obbiettivo di fare il fonico di professione.

Piero Chianura: Alberto, voi fate attività sul campo dei lavori live con i vostri iscritti?

Alberto Pinto: Il nostro programma prevede delle attività in collaborazione con il Conservatorio di Lugano e con dei festival che si svolgono prevalentemente nel periodo estivo. I ragazzi si occupano della registrazione ma anche dell’amplificazione. Queste attività servono tantissimo ai ragazzi perché li aiutano a svegliarsi. In un contesto di laboratorio come a scuola generalmente fanno fatica a rendersi conto di quanto in ambito live le cose debbano funzionare subito. Per questo collaborare con delle realtà esterne è molto utile.